martedì 24 giugno 2008

Vero e falso

Il progresso, la comunicazione, l'evoluzione della società moderna, la multimedialità del terzo millennio ci hanno insegnato a convivere con pensieri, dottrine e filosofie che si accavallano a decine nelle nostre menti e spesso risultano inconciliabili. In questo scenario abbiamo perso l'abitudine di focalizzare una dottrina come "vera" o "falsa" ma le interpretiamo come "accademiche" o "pratiche", come "nuove" o "superate", come "semplici" o "complesse" perdendo sempre di vista l'obiettivo e l'obiettività per cadere nella trappola dell'ambiguità del lessico ed adagiando su questa il nostro pensiero. L'intelletto sembra annullarsi di fronte alle esigenze primarie, perdendo al sua capacità di discernimento e di valutazione obiettiva ubriacato dal mondo sensibile, dalle mille percezioni, dalle mille sensazioni, attrazioni, incantesimi e svaghi. Questa profonda assenza, che diviene tragica nell'intimità, rende l'uomo schiavo delle cose ordinarie. In queste condizioni sembra impossibile credere a ciò che non è ordinario, mentre ciò che è ordinario resta davanti ai nostri occhi.

La tentazione

Non tutte le tentazioni vengono dal demonio. La tradizione cristiana ci dice che le fonti di tentazioni sono tre. La più terrificante, certo, è quella del demonio. Poi c'è il mondo, la società, gli "altri" nell'accezione giovannea. E infine c'è la "carne", cioè noi stessi. San Giovanni della Croce dice che di queste tre tentazioni la più pericolosa è l'ultima, cioè noi stessi. Per ciascuno di noi il più perfido nemico siamo noi stessi. Prima di attribuire le tentazioni al demonio e al mondo, pensiamo a noi stessi. Lì ritroviamo anche l'importanza dell'umiltà e del discernimento. Lo Spirito Santo ci dà il dono del discernimento e ci preserva dalla superbia di fare troppo affidamento su di noi.

La tentazione è ogni sollecitazione della volontà, quindi della nostra libertà interiore a compiere: un atto di virtù (in tal caso la tentazione ci orienta o ci rafforza nel bene), oppure un atto contrario alla virtù (in tal caso la tentazione ci istiga o ci consolida nel male).
E' chiaro che il soggetto principale della tentazione è sempre l'uomo in quanto tale, cioè come essere libero e razionale.

Si tenga presente che, tanto nella lingua ebraica, quanto in quella greca (=Periasmό s) nel termine "tentazione" si vuole evidenziale il carattere specifico di "prova da sostenere". Perciò possiamo dire che prima del peccato originale, la tentazione intesa come prova, l'ha permessa Dio all'uomo perché questi potesse "in piena libertà" crescere nella fedeltà, amicizia e comunione con Dio; dopo il peccato originale, la tentazione intesa come prova, resta soggetta alle forti suggestioni interne delle passioni e a quelle esterne del maligno e del mondo circostante, che cercano di deviarle verso il male, piuttosto che verso il bene; con la venuta del Messia promesso nella persona di Gesù Figlio di Dio, la tentazione rimane, ma con la differenza che siamo messi in grado di superarla facilmente, anzi addirittura di farne uno strumento di crescita spirituale e di fedeltà a Dio.
Stando così le cose, possiamo dire allora che, dopo il peccato originale, la tentazione essenzialmente è una prova che si risolve nel bene o nel male.

Incipit: il problema del male

"Qualsiasi cosa che esiste, è buona. E il male, di cui cercavo l'origine, non è una sostanza, perchè, se fosse una sostanza, sarebbe un bene". (S. Agostino, Confessioni 1, VII c.12)

"Il male non è altro che la privazione di ciò che uno deve avere per natura". (S. Tommaso , Summa contra Gentiles 1. III c.7)


Per chiarire questo concetto che è il vero ed esatto concetto del male, ricordiamo dapprima, che una cosa è la semplice mancanza di un bene, e un'altra è la privazione di un bene. La semplice mancanza di un bene non supone nel soggetto un diritto a questo bene, la privazione invece è la mancanza di un bene che è dovuto al soggetto, e questo è propriamente il male. Così, la mancanza della vista per la pietra è una semplice mancanza, per l'animale è una privazione, un male, perchè la vista è una perfezione dovuta ala natura sensibile dell'animale; così l'essere escluso dal mondo ideale della verità e della virtù, per la bestia è una semplice mancanza , per l'uomo è una privazione, un male, perchè la conoscenza della verità e l'esercizio della virtù sono perfezioni dovute alla natura razionale dell'uomo.
Il male quindi, di qualsiasi specie, nella sua vera e propria natura ed essenza, non è altro che difetto e mancanza di quel bene, che un essere dovrebbe avere secondo le leggi della propria natura.

La massima differenza pensabile è quella tra bene e male.
L’operatore d’iniquità ha l’obiettivo di ridurre quanto più possibile questa distanza antipolare, assoluta, al fine di confondere una mente non critica, facendo apparire come bene il male. «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene», Is. 5, 20. In questa confusione critica trova le radici quel fenomeno noto con il nome di tentazione. La tentazione ci distoglie dalla verità, e ci indirizza in modo disordinato a noi stessi e al mondo.
La ricerca scientifica dimostra che nelle differenze risiede il fondamento di ciò che è rilevante.

Il Male ed i suoi innumerevoli effetti appaiono una realtà così immediatamente tangibili da tutti che ipostatizzare un principio del Male contrapposto ad un principio del Bene sembra cosa piena di buon senso. Ma a lungo andare le visioni dualistiche, prive di dialettica, finiscono tutte per implodere. L'impossibilità di redimere il Male, di ricondurlo ad una qualche significatività, fa sì che la realtà materiale della vita, che del Male è l'incarnazione rispetto al Bene rappresentato dalla dimensione spirituale, se il dualismo è portato alle sue estreme conseguenze, sia vista come qualcosa che occorre assolutamente evitare. Se perdere la distanza riflessiva nei confronti del Male significa essere travolti dalla dimensione istintuale della vita, aderire acriticamente al Bene significa irrigidirsi nella difesa di un ordinamento privo di ogni riferimento funzionale.


[Etimo di differente, differenza:
calco sul greco: diaphorá da dia- “attraverso” e l’astratto di phéro “io porto”; dal lat.: è prefissa la particella DI per DIS- che indica allontanamento + ferre “portare; in campo logico: differentia, differentiam, deriv. di differens (genitivo differentis, accusativo differentem), part. pres. di differre, propriamente “portare qua e là”, separare l’uno dall’altro, allontanare, diversificare; nel tempo: “differire” spostare nel tempo, procrastinare, rimandare ad altro tempo, rinviare; sec. XIII.]

Il demonio è stato creato buono da Dio ma ha usato male la sua libertà: si è messo in opposizione al Regno rendendosi cattivo. Per invidia e gelosia dell'uomo cerca costantemente di portarlo al peccato con la tentazione suprema: sostituirsi al Signore
Sembra impossibile che un angelo creato nella luce di Dio abbia poi potuto scegliere il male... Quando parliamo di un angelo caduto a causa del peccato affrontiamo un argomento molto serio e dobbiamo quindi trattarne con grande serietà. Nella tentazione dell'uomo abbiamo quasi un riflesso di quello che è stato il peccato stesso dell'angelo. Ecco la seduzione suprema: mettersi al posto di Dio. Anche Satana non ha riconosciuto la sua condizione di creatura.

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Biografia
Francesco M. Gaetani SJ, "La Provvidenza Divina, Conferenze tenute nel corso pubblico di Apologia dela Religione", M. D'Auria - Pontificia Università Gregoriana, Napoli - Roma 1941"