martedì 5 maggio 2009

Piacere ed infelicità

Nel rapporto trascendente la tentazione è rappresentata dalla distrazione costruita sull'irrealtà del rapporto. Questa condizione iniziata con l'offrire "piaceri" come "tentazioni" finirà per rivelarsi cronica proprio grazie alla profonda attrazione che l'uomo nutre verso il piacere. L'inquietudine che se ne genera, e la naturale riluttanza ad affrontarla, completeranno il cammino di allontanamento dalla felicità. Le manifestazioni di tutto questo sono tanto elementari quanto oscure, prima tra tutte la perdita del concetto del valore del tempo, ovvero la concentrazione a non fare nulla per lunghi periodi di tempo. Ma la cosa più spaventosa è la gradualità impercettibile con cui tutto ciò accade.

domenica 26 aprile 2009

Riso e virtù

Divido le cause del riso in gioia, allegria, scherzo e volubilità. La prima la troviamo tra le persone che si vogliono bene, l'allegria è quella spinta emozionale che sorge dall'istinto, lo scherzo fonda sulle incongruenze il suo principio di ilarità, la volubilità la fonda sulla incapacità latente di avere un pensiero stabile. Proprio quest'ultima è davvero interessante. Solo un essere intelligente può fare del vero spirito sulla virtù, qualsiasi uomo può essere educato a parlare come se la virtù fosse ridicola.

Proporzioni inverse ed incrementi depressivi

Nella ideologia circostanziata dei valori offerti dal XXI secolo, i concetti di "bene" e di "piacere" sembrano avvicinarsi tanto da sovrapporsi nella maggior parte dei casi. Un piacere, nella sua forma sana, naturale e soddisfacente è in qualche modo un livello di congiunzione con la trascendenza. Nel caso del piacere, l'inganno sta proprio nella tendenza incoraggiata a servirsi dei piaceri nei modi, nei tempi o nella misura dell'eccesso. Ne risulta una brama in continuo aumento di fronte ad un piacere che continuamente diminuisce. In questa modalità si attua il principio di inversione che determina la condizione dell'insoddisfazione, questa ha poi lo strano potere di mantenere su di essa la concentrazione dell'individuo e la capacità di tenere lontana dalla sua mente la conoscenza che, priva di ogni sospetto delle leggi di ondulazione, associa al concetto primario di bene alla nuova concezione errata. Il passaggio dalla proposizione "sto perdendo interesse per questa cosa" alla proposizione "questa cosa è falsa" diviene difficilmente concepibile innescando un processo di latente depressione permanente che mantiene la mente lontana dalla semplice antitesi di vero e falso.

lunedì 25 agosto 2008

Inganno trascendente

La preghiera (o la meditazione) è lo stato trascendente più esposto al rischio della tentazione. Quando l'intelletto si inganna intuendo che la preghiera dogmatica non esprime ciò che desidera comunicare e si abbandona pertanto ad un cammino del tutto spontaneo, non formalistico o regolarizzato, compie uno sforzo per percepire un umore vagamente devoto. Quando il tempo si prolunga, interviene la scarsa capacità di concentrazione. Quando le intenzioni sono forti e salde, allora la tentazione si fa più sottile e rivolge l'intenzione verso se stessi: così si finisce per preoccuparsi della propria mente tentando di suscitarvi sentimenti per mezzo della volontà. Così 'intenzione di ottenere perdono consente di sentirsi perdonati, l'intenzione di ottenere carità consente di sentirsi caritatevoli, l'intenzione di ottenere coraggio consente di sentirsi coraggiosi. L'inganno è quello di stimare il valore di ciascuna preghiera a seconda del successo che questa ha nel produrre il sentimento desiderato.

martedì 5 agosto 2008

Distorsioni, ossessioni e innocenza

L'intelletto, così incatenato, così legato all'espressione materiale della realtà e confuso dall'eccesso di informazioni, perde la lucidità dell'interconnessione oggettiva degli eventi creando nuovi legami e nuove sovrastrutture che affollano la mente generando pensieri sempre più distorti. Pensieri che alimentano altri pensieri fino alla paradossale crescita di vere e proprie ossessioni. L'individuo si trova solo nel suo pensiero ed il suo pensiero diviene giudizio. Il giudizio rivolto a se stessi diviene "autocelebrativo": ma questo allontana dalla "verità". il giudizio rivolto al di fuori di se diventa "critica": anche questo allontana dalla verità! Cosa succede poi quando, incontrandosi due individui, si porgono le loro critiche? In questi casi nasce la collisione che, indipendentemente dalle aberrazioni con cui si può manifestare, lascerà che i due individui ne escano convinti di essere perfettamente innocenti.

Pensieri e giudizio: immanenza

In uno scenario in cui si crede di mantenere il controllo della realtà, non percependo minimamente quanto del nostro intelletto sia annebbiato dall'eccesso di informazione sensibile, ogni azione "cosciente" assume immediatamente tutti i connotati della realtà percepibile ed ogni pensiero si immerge immediatamente nei mille pensieri che si associano alle percezioni sensibili. Per questo il livello di concentrazione medio non supera la manciata di secondi, ed ogni volta che si cerca una meditazione che sia trascendentale, la mente svolazza tra sacro e profano, tra realtà e fantasia, tra gioco e finzione. Non vi è pensiero trascendentale che non sia disturbato dalle percezioni della realtà sensibile e che in esse non naufraghi nell'inganno della critica e del giudizio. Il cammino verso un pensiero puro, scevro dal giudizio, è irto e poco praticabile se non vince la capacità di rompere le catene che trattengono l'uomo legato all'ordinario, al sensibile, al materiale: alla terra.

martedì 24 giugno 2008

Vero e falso

Il progresso, la comunicazione, l'evoluzione della società moderna, la multimedialità del terzo millennio ci hanno insegnato a convivere con pensieri, dottrine e filosofie che si accavallano a decine nelle nostre menti e spesso risultano inconciliabili. In questo scenario abbiamo perso l'abitudine di focalizzare una dottrina come "vera" o "falsa" ma le interpretiamo come "accademiche" o "pratiche", come "nuove" o "superate", come "semplici" o "complesse" perdendo sempre di vista l'obiettivo e l'obiettività per cadere nella trappola dell'ambiguità del lessico ed adagiando su questa il nostro pensiero. L'intelletto sembra annullarsi di fronte alle esigenze primarie, perdendo al sua capacità di discernimento e di valutazione obiettiva ubriacato dal mondo sensibile, dalle mille percezioni, dalle mille sensazioni, attrazioni, incantesimi e svaghi. Questa profonda assenza, che diviene tragica nell'intimità, rende l'uomo schiavo delle cose ordinarie. In queste condizioni sembra impossibile credere a ciò che non è ordinario, mentre ciò che è ordinario resta davanti ai nostri occhi.